Fuori luogo

Erano tempi chiari. Di fiori d’albicocco e soffioni, di rivelazioni sulle potature e scoperte sulla vita dell’orto.

Di polverone in casa, operai pasticcioni che ci facevano venir voglia di salire sul tetto e farcela da noi, l’isolazione, rumore assordante di demolitore e finestre aperte sul gelo autunnale per far uscire la polvere.

Erano tempi eroici, di mamme e zie che davano la vernice sulle assi del tetto, di neo-laureate che imparavano la gioia di trafficare con l’impianto elettrico (… e quella volta che non avevo tolto la corrente prima di levare i capicorda dai fili…) e giovani ingegneri che imparavano a dare la malta sulle pareti.

Avevamo appena scelto la vita che ora è sempre più profondamente nostra e ne eravamo innamorati. Nella mia mente crescevo già, in mezzo a tutto quel fermento in casa e quella pace fuori casa, i figli che poi la vita ci ha regalato, e avevo deciso che avrei creato un blog per raccontare la nostra scelta e l’avrei chiamato “Il luogo fuori luogo”.

Oggi, che sono stabilmente fuori luogo già da sette anni, mi trovo spesso a spiegare la mia scelta di vita a curiosi, aspiranti, critici, dubbiosi. Così ho deciso che, poco alla volta, ripubblicherò quei post qui, nel mio blog, sperando che possano servire a mettere qualche pietra sulla strada di chi si è appena incamminato.

Che dire della nebbia

Che dire della nebbia, che cancella facendo rimanere, che fa il vuoto ma è piena di tutto. Un tutto che si svela all’improvviso, ed è già svanito prima di essere riuscito a stupirci fino in fondo.

Che dire della nebbia, che mi fa camminare incerta nel bosco di ogni giorno, facendomelo riscoprire in nuovi alberi, nuove umidità muschiose, nuove voci di ruscello. Che rende lontane le cose vicine e mescola suoni e odori.

Che dire della nebbia, che fa da rifugio a due che parlano, in questo vuoto-pieno-di-tutto che è la Valle oggi.

Che dire della nebbia, se non che l’ho sempre amata. E che, finalmente, è entrata nei miei pensieri, è arrivata sul foglio e inizia a raccontare la sua storia… lei ha creato il palcoscenico: tra poco, in un soffio, arriveranno gli attori.

Dove sarò quest’autunno

… Nella Valle, naturalmente. A godermi l’ingigantirsi del silenzio, ora che macchine e pullman non ci sono quasi più, e la luce dell’autunno che dà evidenza alle cose.

E, poi, in giro per il Trentino e il Veneto a leggere… nelle scuole, certo, ma anche in occasione di letture ed eventi pubblici.

Sabato 5 ottobre, dalle 19 in poi, mi troverete a Ravina (casa!), dove leggerò tra le vecchie case per la manifestazione Tesori a Ravina.

Sabato 19 ottobre, alle 10:30, sarò nella Biblioteca di Levico Terme con Fiorella e il suo organetto diatonico, con la luna e il sole e… altri, per il nostro spettacolo La danza della luna.

Venerdì 25 ottobre e venerdì 8 novembre alle 17:00 leggerò nella Biblioteca di Belluno, nell’ambito della rassegna “Attenti al libro!”.

 

 

(In)canto dei momenti silenziosi

Ci sono momenti che si richiamano tra loro, da un anno all’altro.

Ieri Viviana ed io abbiamo liberato i girini che abbiamo salvato da una pozzanghera quasi prosciugata, e li abbiamo osservati saltellare via con incerte zampette; oggi ho trapiantato il mais; e domani, un anno fa, nasce Silvano.

Tutto è tranquillo, nella notte della valle e della luna piena. Cantano i grilli e, a volte, si ode il gufo echeggiante, che fa il buio più profondo. Un’altra mezz’estate si avvicina, si compie il giro dell’anno. Proprio al culmine del tripudio della natura le giornate riprendono ad accorciarsi, così, nel silenzio. Come nel silenzio la vita compie quotidianamente tanti miracoli.

Forse è per questo che trovo così difficile affidare alla rete le mie riflessioni e i cavoli miei (riferendomi anche a quelli che pianto). Nonostante ami le storie, nonostante ami parlare, in fin dei conti sono un’adoratrice del silenzio. Da sempre ho cura delle parole, come se nel silenzio dovessero risuonare, e io dovessi fare in modo che non risuonino fesse.

Forse è per questo che sono venuta ad abitare qui. Per avere sempre il grande silenzio dell’universo a contorno, a sminuirmi e allo stesso tempo farmi risuonare quando sento di aver raggiunto qualche mia piccola verità.

Ecco per quale ragione non è capitato e non capiterà spesso che io affidi a questo blog dei pezzetti di me. Solo a volte, a mezzanotte, quando sentirò che qualcosa ha bisogno di essere comunicato, e oggi quel qualcosa è Silvano, la magia del suo essere qui, nella nostra piccola nave che ogni giorno salpa sull’erba.

Auguri, bambino dei boschi.

Letture in alto

Dopo essere stata al Trentino Book Festival con il mio piccolo spettacolo di letture e musiche La danza della luna (che non doveva essere uno spettacolo, non dovevano essere neanche delle letture, ma alla fine così è capitato…), quest’estate mi attendono alcuni appuntamenti di lettura e… molto altro a Malga Cere, in Val Calamento, nell’ambito della rassegna Naturabilia – alte vette per piccole stature. Il titolo della rassegna, chi mi conosce lo avrà già capito, mi calza a pennello e sono entusiasta dell’idea di unire montagna e storie, le mie due grandi passioni.

Il primo incontro sarà domenica 7 luglio alle 14, con le letture sotto l’albero.

Sabato 3 e domenica 4 agosto sarò lì dapprima per cullare la notte in malga con le storie della buona notte (e qualche sorpresa), poi per le letture sotto l’albero della domenica pomeriggio.

Infine, sabato 10 agosto leggerò di… nuvole e curerò un piccolo laboratorio dedicato alla loro forma sfuggente.

Ma in malga non ci sarò soltanto io: date un’occhiata al bel programma di Naturabilia.

Inoltre, chi si fosse perso la presentazione dei miei ultimi figlioli di carta, potrebbe decidere di fare una gita a Folgaria il 6 agosto, dove assieme a Massimiliano Unterrichter presenteremo La vita inattesa e Quando intrecciavamo fiori.

Presentazioni e letture – maggio / giugno 2019

Sabato 25 maggio, alle 18:30, nella libreria Il Ponte di Borgo Valsugana “La vita… ad esempio”: passeggiata nei romanzi “La vita inattesa” e “Quando intrecciavamo fiori” con presentazione critica di Massimiliano Unterrichter e musiche del gruppo di musica popolare MUSyCANTI

Sabato 1 giugno, alle 17:30, nella libreria Ancora di Trento presentazione dei romanzi “La vita inattesa” e “Quando intrecciavamo fiori” a cura di Massimiliano Unterrichter e con accompagnamento musicale del gruppo di musica popolare MUSyCANTI

… E ci sono altre novità in attesa di essere pubblicate! Stay tuned!

Finalmente di carta!

La vita inattesa e Quando intrecciavamo fiori sono diventati libri*

Immaginate duemila, tremila scrittori, che decidono di mettersi in gioco in un torneo letterario bandito da uno dei più grossi gruppi editoriali italiani.
Scrittori che per quasi un anno, in anonimo, leggono e valutano reciprocamente le loro opere: dapprima l’incipit, poi il testo completo di quei pochi che hanno superato la prima feroce selezione.
Sullo sfondo, gli editor delle case editrici del grosso gruppo editoriale che osservano.
E, alla fine, dieci vincitori, i cui testi escono in e-book curati dal grosso gruppo editoriale, tra i quali le case editrici scelgono una, o più, opere per pubblicarle su carta.
Un torneo vero e proprio, carico di fatica e ansia ma anche di inaspettati incontri con la bellezza, in cui c’è chi s’impegna intensamente, chi gioca sporco, altri che si conoscono e col tempo creano reti, crescendo attraverso il confronto con altre storie, altri stili, altre età.
Questo è il Torneo letterario IoScrittore, cui ho dedicato una parte delle mie energie tra il 2010 e il 2015, arrivando per ben due volte a un passo (una volta proprio a un sospiro…) da quella vetta tanto ambita. Un Torneo che mi ha dato, e mi ha richiesto, molto.
Ora che ho chiuso quella fase, credo per sempre, i due romanzi che ne sono risultati escono assieme su carta, ed è assieme che li voglio promuovere.

In quest’uscita simultanea vedo una potente sincronicità.
Apparentemente sono due romanzi molto diversi: uno prodotto dei miei vent’anni (perché, sì: purtroppo i tempi dell’editoria sono più lunghi di quelli della vita), l’altro dei miei trent’anni; uno dedicato alla prima gioventù, l’altro alla terza (o quarta?) età; uno scritto in prima, l’altro in terza persona; in essi si specchia la maturazione del mio stile e della mia visione di persona e di scrittrice.
In realtà sono due libri che si parlano attraverso il tempo della mia vita, riecheggiando l’uno nell’altro. E non è un caso, ne sono convinta, che si siano aspettati per procedere assieme.
In entrambi si parla di rapporto tra le generazioni e di eredità immateriale, anticipando, e preparando, la mia attuale riflessione sulla responsabilità educativa nei confronti delle generazioni più giovani, quell’aver tutti per figli che credo sia indispensabile costruire per salvare la nostra società dalla mancanza di senso e orizzonti.
In entrambi si racconta delle cose strane, pericolose, meravigliose che accadono quando si supera il baratro tra sé e gli altri e si prova a con-fondersi con loro. In fin dei conti, si parla, in entrambi, delle morti e rinascite che passano per il rischio dell’incontro con l’Altro da sè.

Scrivere libri non è tanto diverso dall’intessere relazioni: si affronta sempre un rischio, nel cercare di superare il baratro che ci separa dall’Altro – anche quando quel baratro passa attraverso un foglio di carta. Il rischio di impiegare tempo e passione per nulla, di non essere compresi, di sentirci guardati con sufficienza o, ancora peggio, di non sentirci guardati affatto. Eppure è un rischio che ho voluto correre, perché a volte mi pare che così è giusto che sia.

Buona lettura.

* Amanti dell’e-book: scusatemi, ma non posso mentire – io amo il libro di carta.

Libri, grandi e piccini, e tanta bellezza da salvare

Tutto iniziò, a ben vedere, con Elisabetta, che nel 2008 mi propose di tenere alcuni incontri sulla bellezza del narrare con i bimbi della scuola di Vigo di Fassa. Amai ogni momento di quell’avventura – persino i viaggi in corriera e l’imponente nevicata che isolò il Passo San Lugano, costringendomi a trascorrere qualche ora in un bar giocando a carte con un gruppo di sconosciuti.

La rivelazione vera e propria arrivò alcuni anni dopo, sulla strada per Sarmede, quando, dirigendomi verso uno dei bellissimi corsi di lettura ad alta voce tenuti da Giacomo Bizzai, capii che nella vita avrei voluto fare proprio questo: leggere, raccontare, mostrare, dipingere, cantare (…) storie ai bambini (e magari non solo a loro).

Ma quello che considero l’Inizio con la i maiuscola è quella prima lettura nella biblioteca di Trichiana, che inaugurava il mio primo incarico da lettrice “pura” e che fu introdotta dalla sigla che avevo composto per l’occasione. Fin da quel giorno dell’autunno 2015 lei è stata con me e mi ha portato fortuna: ha introdotto tutti gli incontri che ho tenuto, è stata imparata a memoria da tantissimi bambini e da un bel po’ di adulti, è stata suonata da tanti diversi strumenti. Non solo: ha accompagnato la mia vita familiare, diventando un tormentone per Viviana e Diego e cullando Silvano nella mia pancia.

Oggi, finalmente, mantengo la promessa fatta a quei bambini e quegli adulti: eccola qui, “Libri grandi e libri piccini”.

La dedico a voi, bambini del 2008, e a voi, bambini degli anni successivi, con cui ho condiviso parole, suoni e riflessioni scoprendo che ogni volta leggere per voi e con voi riesce ad emozionarmi allo stesso modo, anche quando apro lo stesso libro per la centesima volta.
La dedico a voi, mamme e papà che appendete la vostra adultità fuori dalla porta per ascoltare storie con lo stesso abbandono della vostra infanzia.
E la dedico a voi, maestri appassionati e gentili, e a voi, indomiti bibliotecari e librai, che, nell’ombra di questa società che va di fretta senza guardarsi attorno, continuate a credere nella bellezza e a lavorare per salvarla.

 

Il mio posto nel mondo

Non passa quasi nessuno per la strada della Valle, alle undici di mattina di questo venti ottobre del pianeta Terra. Molti sono in ufficio, qualcuno in viaggio (magari sull’aereo che passa proprio ora sopra le Prealpi e perde tra le montagne il suo rumore).
Quasi tutti si trovano in un sacco di posti in cui io non sono.
Quasi nessuno ha avuto quello che io, in pantofole e tuta da casa, ho potuto godermi dal pratone con tutti i (cinque, sei, dieci) sensi.
Sono questi i giorni in cui mi sento importante.
Capita, parlando delle mie scelte di vita, che il mio interlocutore dica: “Ci vuole coraggio. Io non ce la farei”.
Sì, è vero: ci vuole coraggio. Il coraggio quasi quotidiano di affrontare il dubbio che la strada sia sbagliata. Ogni volta che vengo a sapere che un mio coetaneo sta facendo carriera in qualche ambito lavorativo, o ha vinto il tal concorso pubblico e ottenuto l’agognato Tempoindeterminato, o sta rimpolpando la sua pensione integrativa grazie a un contratto breve ma succulento. Quando qualcuno mi chiede: “E tu, che lavoro fai?” e rispondo, un po’ imbarazzata: “Beh, leggo storie ai bambini”.
Il confronto, dentro di me, parte immediato anche se lo so, che la felicità mica si misura in successo e denaro e prestigio sociale. Un programma in background che non riesco a disistallare. Quella voce che mi chiede se ormai non sia tardi per dedicarmi alla leggerezza e se non sia ora di “diventare grande” (col che presumo intenda qualcosa che ha a che fare col timbrare il cartellino e incazzarsi al telefono con persone importanti).

Poi, però, ci sono le mattine come questa, con tutto quest’oro rosso che si respira.
Quando accompagno la bimba ad aspettare il pullmino della materna e leggiamo assieme un albo illustrato sedute su un tronco d’albero.
O i giorni dai fortissimi contrasti, in cui mi trovo dapprima in mezzo al caos cittadino, immersa in una trentina di bambini con cui sognare e cantare e raccontare nuovi mondi, e due ore dopo sola nel silenzio del crepuscolo, a portare a spasso il cane tra le sagome scure dei faggi.
Sono i momenti in cui penso di averlo già trovato, il mio posto nel mondo. Qui, sulla terra. Qui, tra i bambini e le parole e la bellezza. E che non ci sia niente di più importante che proteggere la bellezza per loro, per noi, perché rimanga accesa e possa riaccendere il futuro ogni volta che le braci si spengono.
E allora mi pare di fare una delle cose più vere, antiche e importanti: tenere viva la bellezza, tenere vive le storie.

Grazie

PrimaveraIl mio sito cambia forma, ma non nome.
Da molto tempo sentivo il bisogno di questo rinnovamento, pur essendo molto affezionata, per svariate ragioni, al suo predecessore.
Il modo di comunicare via web è cambiato, il web è cambiato. Io sono cambiata. E quando tutto cambia si sente il bisogno di cambiare anche il modo di vestirsi.
In questo momento non posso fare a meno di pensare alla persona che, molti anni fa, ha creato il mio primo sito e ha cercato di convincere l’Astrid anti-tecnologica di quanto fosse importante farsi conoscere anche via web. Non erano tempi di editor che creavano i siti in dieci minuti: i siti ce li si faceva a mano, imparando il linguaggio Html e creando lunghissime pagine di comandi sui fogli del Blocco note. Ci poteva volere molto tempo per crearne uno.
Così, fare un sito per una persona era un lavoro faticoso, e poteva essere un modo per comunicarle quanto ci tenevamo a lei, quanto credevamo nei suoi progetti.
Creare un sito poteva essere una via importante per dare affetto, se le altre vie erano difficili da percorrere.
Alla persona dalla quale avrei voluto più abbracci ma che ha fatto in modo di esserci sempre realizzando cose per me, alla persona che ha creato il mio primo sito e che ha preso parte alla mia creazione dedico questo sito nuovo e mando il mio abbraccio ovunque si trovi in quest’enorme, misterioso, splendido universo.
Grazie, papà Giampaolo.